Il termine "gruppo d'incontro" è stato coniato da Carl Rogers negli anni '60 per designare un'esperienza intensiva di gruppo esperienziale. Il gruppo d'incontro, che si colloca in una visione fenomenologica-esistenziale della persona, ha come principale finalità la crescita della persona, il miglioramento della comunicazione e dei rapporti interpersonali, attraverso un processo di esperienza diretta.
Il gruppo d'incontro è un'occasione per conoscere meglio noi stessi e gli altri, per migliorare la qualità dell'incontro con gli altri.
Rogers crede che si possa uscire dal disagio esistenziale attraverso il contatto con gli altri. Il confronto con gli altri, la condivisione di un proprio disagio e la comprensione altrui, possono aiutare a superare il proprio malessere favorendo il cambiamento.
Per Rogers è fondamentale favorire la creazione di un clima di fiducia e di accettazione, in cui la tendenza formativa può esprimersi liberamente in ciascun individuo e in tutto il gruppo, che consenta di sentirsi liberi di esprimere i propri sentimenti, anche negativi e di far emergere i propri vissuti. La fiducia e l'accettazione favoriscono la coesione e la condivisione di emozioni e di esperienze, la persona si sente meno sola e alimenta la speranza.
Con la riduzione della rigidezza difensiva le persone possono ascoltarsi a vicenda ed imparare maggiormente l'una dall'altra. Da una persona all'altra si sviluppa un feedback, l'individuo viene a sapere come appare agli altri e quale impatto ha sui rapporti interpersonali. Da questa maggiore libertà, attraverso la consapevolezza, emergono nuove idee, nuove direzioni, nuovi modi di costruire e rappresentare la realtà.
Nel gruppo d'incontro il conduttore del gruppo è il "facilitatore". Il ruolo del facilitatore è quello di creare un'atmosfera nella quale i membri sono agevolati a scoprire il proprio potere e le proprie risorse. Il facilitatore è il responsabile del setting: stabilisce l'orario, la disposizione nello spazio, le regole che escludono l'acting-out e il patto di riservatezza, ma nel rispetto delle regole del setting concede autonomia alle persone del gruppo, le lascia libere di esprimere idee e sentimenti, con un atteggiamento di attenzione non valutativa, non giudicante per i partecipanti.
Il facilitatore contiene le emozioni che emergono, modera gli interventi, facilita l'elaborazione dei conflitti.
L'esperienza del "gruppo di incontro" prevede cicli di incontri della durata di circa novanta minuti ed è costituito da un numero non troppo vasto di persone, solitamente da otto a dodici partecipanti.
Applicazioni:
Il gruppo di incontro può essere proposto in tutte quelle condizioni di sofferenza in cui sia presente una malattia cronica o comunque una condizione fisica invalidante che potrebbe trarre giovamento da un supporto psicologico, a persone con disturbi dell'umore o d'ansia, con problemi affettivi o nel rapporto con il cibo, a giovani mamme, in situazioni di lutto, ai giovani che necessitano di migliorare i rapporti interpersonali, nell'ambito dello sport, nelle Scuole, a chi opera nella relazione d'aiuto ed è a rischio di bournout, nei gruppi di formazione.