La persona depressa va aiutata a comprendere il senso della sua disperazione e a cambiare qualcosa dentro di sé. Qualcosa si è spento dentro. La depressione è una reazione patologica ad un lutto e il lutto non è legato soltanto alla morte. Esso è l’insieme delle reazioni con cui si tenta di controllare il dolore legato alla perdita di qualcosa di importante, qualcosa di cui abbiamo bisogno e in cui abbiamo investito una parte di noi stessi su cui riversavamo energie, emozioni (un lavoro, un affetto, l’amore di un partner o della presenza di un figlio, della casa o del paese in cui siamo cresciuti, di un interesse, del sogno in cui abbiamo creduto o dell’idea per la quale ci siamo sacrificati).
Qualcosa si rompe. Dove mettiamo ora le nostre energie, ora che non c’è più un contenitore, l’oggetto dei desideri, che le contenga? Le energie non scorrono più, dobbiamo trattenerle. La cosa più bella che avevamo è caduta al suolo.
L’importanza della perdita non è misurabile oggettivamente. Una sconfitta affettiva o professionale, una delusione o un fallimento possono determinare reazioni che appaiono incomprensibili per coloro che non hanno il tempo di ascoltare.
Nel momento in cui l’altro non c’è, non capisce, non ascolta, si tenta di allontanare dalla coscienza ciò che fa troppo soffrire e di cui non si riesce a parlare. Il rifiuto, la solitudine, la paura, vengono però rimossi e si trasformano in rabbia impotente e dolorosa.
La depressione è il destino di chi non ce la fa, di chi non è in grado di produrre qualcosa di nuovo, di chi percepisce il fallimento del proprio atto creativo.
La cura non può prescindere dalla ricerca dei motivi che l’hanno scatenata. Esiste sempre – sostiene Cancrini – una causa scatenante che la persona non è in grado di afferrare e collegare alla propria sofferenza. Qualcosa c’è stato, qualcosa che sfugge alla coscienza della persona, che rimane sepolto nell’apparente uniformità dell’esistenza.
La psicoterapia potrà aiutare il paziente a rintracciare i fili di esperienze dolorose e traumatiche, liberando la rabbia e l’aggressività nascoste dietro la maschera della depressione. Dalla depressione si può guarire e le possibilità di ricaduta saranno tanto minori quanto più si sarà compreso, mentalizzato ed elaborato il motivo del disturbo. Non va forzata. Anche il silenzio insegna qualcosa, dal silenzio può emergere qualcosa, piano piano. Poi piano piano ci si ricostruisce l’esistenza, un nuovo modo di essere e di esistere.
(riferimenti a L. Cancrini e R. Pagnanelli)